Iniziamo con il dire una cosa fondamentale: ogni investimento, per essere di successo deve sempre essere affiancato ad una strategia.
Spesso e volentieri le persone vogliono investire ma non sanno bene come fare o semplicemente investono senza aver in mente, con precisione, cosa stanno facendo e che direzione hanno intrapreso.
Non è affatto scorretto affermare che se manca una strategia, non parliamo più di investimento ma di “scommesse” o “gioco d’azzardo”, e chi come noi punta all’indipendenza finanziaria creandosi delle rendite con i propri risparmi non è qui né per scommettere i propri soldi né per giocarci e rischiare di perdere tutto.
Negli investimenti, infatti, esistono delle vere e proprie strategie.
Le più conosciute e note sono: il “Value Investing” e il “Growth Investing”.
Storicamente, il Value Investing ha avuto rendimenti migliori, ma dal 2008 si è verificato un cambio di passo e la strategia più remunerativa si è dimostrata il Growth Investing.
Iniziamo a parlare della strategia “Growth Investing”.
“Growth” in italiano viene tradotto con il temine “crescita” infatti questa strategia, come si può intuire dal nome, è strettamente legata alla crescita del capitale dell’investitore, motivo per cui questo metodo d’investimento viene anche definito “Capital Growth”.
Negli ultimi anni è risultata la strategia più popolare e diffusa, dopo la crisi del 2007 legata ai mutui sub-prime le scelte adottate dalle banche centrali hanno incentivato una forte espansione economica.
Questo metodo d’investimento tuttavia non è stato ideato nell’ultimo decennio ma è nato negli anni ‘30 grazie a Thomas Rowe Price: egli si concentrò nel cercare di prevedere i trend dei mercati, utilizzava il p/e delle azioni di un’azienda e lo paragonava ai dati passati della stessa.
La sua attenzione era dunque rivolta alla ricerca delle aziende, e quindi delle loro azioni che dimostrassero una forte potenzialità di crescita futura.
Le sue idee innovative vennero portate avanti da un altro importante investitore, Philip Fisher, che scrisse il celebre libro “Common Stocks and Uncommon Profits”.
Fisher ampliò il concetto di selezione delle aziende non basandosi solo sul p/e, ma includendo anche l’analisi delle vendite e l’assetto manageriale.
Per Fisher, quindi, era importante analizzare il management aziendale nel suo intero complesso: presenza di investimenti in ricerca e sviluppo; strategie per abbattere i costi di gestione; incremento delle vendite rispetto all’anno precedente e alle tendenze del mercato e così via.
“Più successo ha un’azienda e più probabilmente ha delle caratteristiche uniche”
Philip Fisher
La selezione dell’azienda, dunque, deve basarsi su uno studio a 360° della stessa, considerando tutte le componenti aziendali e non solo analizzando dei numeri.
Fisher era dunque convinto della possibilità di ricavare profitti maggiori rispetto agli investimenti presenti sul mercato grazie alla selezione di aziende con queste determinate caratteristiche.
La strategia di Growth Investing si concentra esclusivamente sul mercato azionario e di seguito spiegheremo il perché.
L’investitore che utilizza la strategia Growth è alla ricerca di aziende giovani o di piccola capitalizzazione ma che mostrano potenzialità di crescita superiori ai competitor presenti nel settore in cui opera.
Acquistare azioni di aziende emergenti può essere molto profittevole se la società risulterà di successo: il valore delle nostre azioni aumenterà e, di conseguenza, anche il nostro capitale.
Queste giovani aziende solitamente presentano utili bassi, seppur in crescita e gli utili ottenuti vengono reinvestiti per accelerare la crescita evitando la distribuzione agli azionisti tramite dividendi o buyback.
Questo approccio sembra dunque molto semplice: cerco titoli con potenzialità e investo i miei soldi con l’obiettivo di ottenere grossi guadagni.
Tuttavia, dobbiamo sempre tenere a mente che maggiori ritorni equivalgono ad un maggior rischio.
La storia insegna che non sempre un’azienda emergente raggiungerà il successo sperato dall’investitore.
Spesso infatti le start up falliscono o non ottengono i risultati sperati portando ad una svalutazione della società, quindi, questo metodo non è semplice come potrebbe apparire.
Questa strategia di investimento può essere considerata aggressiva, il che significa che non è consigliata per persone la cui tolleranza al rischio è più limitata: per queste persone è consigliabile seguire una strategia difensiva che tende ad investire in aziende consolidate, abbassando il rischio dell’investimento.
Ma come possiamo riconoscere il potenziale di crescita di un’azione?
Per capire se un’azienda e, di conseguenze, i titoli della stessa hanno potenzialità non è affatto facile.
Non esiste una formula unica per valutarne il potenziale, ogni investitore dovrà fare le proprie considerazioni basate su fattori sia oggettivi che soggettivi.
In primis, occorre individuare il settore che si ritiene possa essere il così detto “futuro”, studiarlo a fondo e capire quanto in là nel futuro stiamo guardando.
Fatto ciò, bisogna trovare le aziende meglio posizionate in tale settore, magari anche medio-piccole o in via di espansione.
Questa è una delle strategie più difficili ma, allo stesso tempo, può dare grandi soddisfazioni e altrettanti ritorni economici.
Le azioni che troveremo nel portafogli di un investitore Growth saranno quindi caratterizzate da alti P/E, P/BV, P/S e dall’assenza di Dividend Yield.
Ciò accade perché un investirore Growth, come abbiamo visto, quando acquista ha grandi aspettative per il futuro delle aziende in cui investe ed è molto raro.
Tuttavia, è giusto ripetere che negli investimenti è fondamentale adottare una strategia, lo studio della solidità finanziaria dell’azienda è un aspetto cruciale.
Un investitore Growth di successo deve essere in grado di:
Come abbiamo già detto, l’investitore che vuole utilizzare la strategia del Growth Investing deve avere la capacità di prevedere i trend di mercato.
Infatti, solo se sarà in grado di identificare i trend futuri e, quindi, ad individuare le aziende che diventeranno leader nel loro settore di riferimento riuscirà ad incrementare il proprio capitale.
Una volta che abbiamo selezionato le aziende che secondo noi presentano caratteristiche interessanti e forti potenzialità, dobbiamo analizzare e calcolare i loro indicatori di redditività e la solidità finanziaria della stessa.
Quest’analisi è cruciale: se sbagliamo ad analizzare la situazione finanziaria rischiamo di effettuare un investimento errato e, quindi, perdere il nostro investimento.
Arrivati a questo punto avrai capito che la ricerca dei titoli che potrebbero performare e crearci dei profitti richiede molto tempo e molto studio oltre ad essere consci del rischio che l’investimento comporta.
La strategia Growth è ritenuta più rischiosa della strategia Value ma come possiamo abbassare il rischio?
La parola chiave è diversificare, come per quasi tutte le strategie d’investimento, anche nel Growth Investing la diversificazione è la chiave per minimizzare il rischio.
Un portafoglio ben bilanciato, che investe in compagnie diverse, appartenenti a settori diversi, dimensioni diverse e con capitalizzazione diversa, può aiutare a diminuire il rischio di perdite.
Una delle strategie più conosciute è sicuramente il “Value Investing” che si basa su un principio completamente opposto al Growth Investing.
Infatti, il Value Investor cercherà di individuare imprese che vengono sottovalutate dal mercato ed investe in questi titoli perché, in futuro, è molto probabile che batteranno il benchmark di riferimeto.
Il Value Investing è una strategia d’investimento nata dalle teorie di Benjamin Graham, noto investitore ed economista americano considerato il mentore del famoso Warren Buffet.
Graham è inoltre conosciuto per il celebre libro “The Intelligent Investor” recentemente tradotto anche in italiano “L’investitore Intelligente”, grazie alle sue teorie viene considerato il padre indiscusso del Value Investing.
“Il mercato azionario è semplice. Basta acquistare per una cifra inferiore al loro valore intrinseco quote di una grande azienda, gestita da dirigenti integerrimi e capaci, e quindi conservare quelle quote per sempre.”
Warren Buffet
Come possiamo capire facilmente da questa citazione di Buffet, il principio alla base di questa strategia è molto semplice: comprare i titoli azionari al di sotto del loro valore intrinseco, creandosi quindi un margine di sicurezza.
Questa strategia ha fatto la fortuna di molte persone tra cui il più famoso è appunto Warren Buffet.
Un investitore Value non segue la così detta “massa” nella speranza di una crescita vertiginosa che potrebbe arrivare ma allo stesso tempo potrebbe non arrivare mai.
Il Value Investor è convinto che il mercato non operi in maniera efficiente e che, quindi, si possano trovare azioni sopravvalutate ed azioni sottovalutate e sono proprio quest’ultime quelle che il Value Investor cerca.
Questa strategia prende in considerazione aziende consolidate, se non leader, nel proprio settore, con uno storico degli utili stabile, mostrano un basso P/E e spesso distribuiscono dividendi agli azionisti o effettuano buyback azionari.
La strategia Value è preferibile proprio durante le fasi di rallentamenti economici, se non recessioni ma questo non vuol dire che non sia possibile trovare azioni Value anche in momenti di crescita economica.
Un’azienda, dopotutto, può vedere una contrazione del proprio valore per diverse ragioni.
In primis ricordiamoci che il mercato tende a reagire bruscamente sia alle buone che alle cattive notizie.
Ciò può far sì sia che l’azione tenda a salire oppure a scendere ed essere “snobbata” e trascurata dagli investitori.
Altre volete, invece, si verifica l’effetto “gregge”, può capitare che un’azienda abbia portato degli utili sopra le aspettative e sia diventata il centro dell’attenzione dei grandi investitori, e di conseguenza ciò ha portato ad una crescita del valore azionario.
I piccoli investitori, per paura di rimanere tagliati fuori, la così detta FOMO, investiranno nel titolo portandolo a crescere ben al di sopra del suo reale valore.
Ma cosa succede se i grandi investitori decidono di vendere per ritirare i loro profitti?
La risposta è molto semplice, il gregge inizierà a vendere portando ad un panic selling causato dalla paura del piccolo investitore di perdere tutto, la così detta FOLE, l’investitore perderà parte dei propri risparmi piuttosto che tenere le proprie azioni.
Questo calo di valore che spaventa i piccoli investitori invece sarà un campanello che attirerà verso di sé i Value Investor che come i cacciatori aspettano, con la pazienza che li contraddistingue, la loro preda.
Altro motivo di un calo del valore di un’azione possono essere i crolli dei mercati azionari, la storia ci ha insegnato che non dobbiamo chiederci se ce ne sarà uno ma quando ci sarà.
Ormai sappiamo che i crolli del mercato azionario non sono eventi unici ma una normalità ciclica, infatti possono essere più o meno distanti l’uno dall’altro ma possiamo essere certi che ci saranno.
Non è sbagliato affermare che i market crash o crolli dei mercati siano il parco dei divertimenti per un investitore Value.
I piccoli investitori tendenzialmente investono nelle aziende grandi e famose ma non sono le uniche sul mercato, infatti, anche le piccole medie imprese seppur meno conosciute, hanno ottime metriche e risultati ma vengono tuttavia snobbate. In ottica di lungo periodo, queste aziende possono essere dei piccoli diamanti.
Concludiamo accennando alle aziende cicliche, che operano in settori che risentono fortemente dei cicli economici, comprando queste aziende nei momenti di down turn e con uno sguardo al futuro si possono avere ottimi risultati.
Questa strategia si basa essenzialmente su 5 valori fondamentali:
Il Value investor, a differenza del Growth investor, utilizzerà varie metriche cercando di determinare il valore intrinseco di una determinata azione.
Alcune metriche molto usate sono:
Price to Book ratio, P/B che in italiano significa prezzo su valore contabile che è il rapporto tra il valore di quotazione dell’azione e il valore di capitale proprio del capitale proprio dell’azienda risultante dal bilancio.
Price to earnings, P/E che in italiano significa prezzo su utili che è il rapporto tra il valore di quotazione dell’azione e il valore degli utili dell’azienda.
Capitale libero, è il capitale che rimane a disposizione dell’azienda dopo aver tolto tutte le spese. Questo capitale può essere usato per effettuare buyback di azioni proprie, per pagare i dividendi oppure pagare i debiti.
Queste sono solo alcune delle metriche usate e ne esistono molte altre.
Ogni Value Investor strutturerà la propria strategia in base alle proprie conoscenze ed esperienze usando le metriche che per la propria esperienza gli permettono di avvicinarsi il più possibile al valore intrinseco dell’azienda.
Questa strategia richiede molte conoscenze dei mercati finanziari, molto lavoro e altrettanta pazienza.
Se vuoi approfondire l’argomento ti consiglio di leggere “L’investitore intelligente” di Benjamin Gram che puoi trovare su Amazon.
È un ottimo libro che ti permetterà d’avere le conoscenze necessarie per effettuale i tuoi investimenti.
Il Value Investing è un’ottima strategia per il lungo termine ma, come sappiamo e ripetiamo, la diversificazione è molto importante in un portafoglio di successo.
La storia ci insegna che queste strategie si sono alternate nel tempo, e questo dipende molto dalla situazione economica in cui ci si trova, recessione, saranno più profittevoli le azioni Value, in condizioni di espansione economica le azioni Growth risulteranno le più remunerative.
Fino al 2008 il Value Investing si è dimostrata la strategia che ha portato i rendimenti maggiori e nonostante negli ultimi anni abbia ceduto il podio alla strategia Growth Investing, notoriamente più rischiosa, questa strategia sta portando ancora grandi soddisfazioni agli investitori che cercano una maggiore sicurezza.
La strategia Growth, come possiamo vedere dal grafico, ottiene performance migliori in periodi di espansione economica, quando si hanno tassi di interessi bassi e le aziende ottengono utili maggiori.
La strategia Value, al contrario, è preferibile nelle fasi iniziali di crescita economica oppure nei rallentamenti economici o recessioni.
Da questo grafico possiamo vedere con chiarezza che a seguito di perdi sotto-performanti di strategie Value, i risultati ottenuti poi sono migliori di quelli Growth e se consideriamo lunghi periodi, la strategia Value è la più redditizia.
A questo punto la domanda nasce spontanea: qual è la strategia migliore da utilizzare?
Come sempre la risposta è: DIPENDE.
Abbiamo visto che le azioni Value sono considerate meno rischiose e spesso scelte dall’investitore più conservativo essendo, infatti, azioni di società affermate e consolidate e quindi meno soggette alla volatilità che accompagna la strategia Growth.
Le azioni Growth invece non distribuiscono gli utili generati e tendono a reinvestire i profitti per accelerare e consolidare la propria crescita cercando si sovra-performare il mercato, l’investitore avrà quindi una conseguente crescita del proprio capitale ma se la società non fosse in grado di sostenere le aspettative degli investitori il titolo perderebbe valore e il capitale dell’investitore diminuirebbe.
Le due strategie sono quindi completamente opposte ma con la stessa finalità: creare profitti grazie all’acquisto di titoli che sovraperformeranno e batteranno i mercati.
I Growth Investors cercano aziende con interessanti prospettive di crescita mente i Value Investors preferiscono le azioni sottovalutate dal mercato.
Non ritengo ci sia una strategia migliore rispetto ad un’altra, entrambe hanno i loro punti forti e i loro punti deboli un buon investitore deve saperli sfruttare a proprio vantaggio.
Se vuoi capire perché è importante investire e conoscere i diversi tipi di azioni allora ti consiglio di leggere il nostro articolo sull’argomento.
La coppia di investitori al tuo fianco per l’indipendenza finanziaria
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